sabato 6 marzo 2010

Signori e Signori

Mister, Monsieur, Herr, Señor, Sir, Signore: questi attributi che precedono il cognome di qualunque uomo nelle principali lingue europee dovrebbero avere tutte lo stesso significato che, per i Romani, era “dominus”, cioè uno che dominava, che comandava, cui si doveva rispetto e obbedienza. “Mister” deriva da “Master”, “Monsieur” è uguale a Sir, “Señor” e a “Signore” con l’aggiunta più servile di “Mon” (che per i francesi è indispensabile), “Herr” viene da Hërre o da Hërro che significa sempre “signore”, padrone.

Una volta il titolo spettava solo a quelli che realmente comandavano e che, in tal modo, potevano nettamente distinguersi dal volgo.

Ciò accadeva anche nel nostro Paese che, anzi, era molto in ritardo rispetto agli altri. Ricordo che 140 anni dopo la rivoluzione francese, mia nonna si rivolgeva a chi non era vestito bene apostrofandolo con un “buon uomo”; d’ altra parte mi ha colpito, quando da ragazzo sono andato per la prima volta in Francia, sentir chiamare il cameriere “Monsieur” anziché “Garçon” come mi avevano insegnato.

Mentre negli altri Paesi Europei occidentali e negli USA “Mister” o equivalenti appellativi si generalizzavano a partire dall’inizio dello scorso secolo, in Italia il processo si complicava a causa, forse, del modo piuttosto artificioso con il quale si era raggiunta l’unità ed anche dei vari rivolgimenti.

Il fascismo che, nella sua propensione per il nero ci stava portando verso un avvenire funereo, badava, forse fortunatamente, più all’apparenza che alla sostanza. Verso la fine dell’avventura, quando aveva conquistato l’Impero e aveva conseguito, anche all’estero, fama di regime autoritario ma “costruttivo”, ha rivolto la sua attenzione a cose tragiche (come la persecuzione degli Ebrei) ed anche a futili argomenti. Tra questi, la trasformazione delle abitudini italiane nei rapporti umani: niente più stretta di mano ma solo “saluti fascisti” (anche nella corrispondenza, in cambio dei “distinti saluti”); sostituzione del “Lei” con il “Voi” e, fondamentale innovazione, l’abolizione assoluta del titolo di “Signore” a favore di “Camerata” (accompagnato dall’odore di caserma). Naturalmente, rivolgendosi al Capo supremo non sarebbe stato possible usare questo epiteto, a lui spettando l’esclusivo “Duce”.

“Camerata” veniva proposto, penso, in contrapposizione all’odiato “compagno” usato dai reprobi “rossi” senza riflettere che questi, fuori dal nostro Paese, si designavano come “comrade” o “kamerad”.

In Italia, però, è difficile far digerire in modo assoluto certe direttive; per cui, mentre nelle lettere ufficiali il “signore” era scomparso, si continuava ad usarlo nelle relazioni private, come segno di buona educazione. Anche in certe confraternite, come la Chiesa o la Marina, si è perseverato nel peccato: ricordo che a bordo delle (ancora) Regie Navi ci si è sempre rivolti agli ufficiali (tranne che al Comandante) premettendo al cognome il “Signor”.

Dopo la caduta del fascismo, la guerra di liberazione e la prima ricostruzione, la confusione, forse, è aumentata. Si disprezzavano gli “spagnolismi” senza sapere che quel popolo usa molto più di noi il titolo “Señor” ma, nello stesso tempo, questo appellativo cambiava gradualmente di significato, fino ad assumerne uno essenzialmente dispregiativo, almeno quando è seguito solo dal nome non accompagnato da altri titoli.

Mentre dire Mr. Bush o Mr. Blair od anche M. Chirac non suona alcuna offesa al presidente USA, al Primo Ministro britannico o al Presidente francese, quando in Italia ci si indirizza a personaggi di simile rango bisogna specificare “il Signor Presidente della Repubblica” oppure “ il Signor Presidente del Consiglio”. Dire semplicemente “Signor Prodi” oppure “Signor Berlusconi” suona quale grave offesa e dileggio nei confronti dei citati. Quando si ode alla radio o alla TV qualcuno che apostrofa un gruppo politico, economico o industriale con un “quei signori” ciò significa che li considera meritevoli della forca, se questa venisse riadottata.

D’altra parte, mi sembra che il significato spregiativo di “Signore” venga confermato dal fatto che gli indirizzi delle bollette o della pubblicità da qualche tempo sono compilati con l’inusitata formula:

“Gentile …….Nome e Cognome” (senza altri attributi).

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